sicurezza e cambiamento

Porti

ravenna 10 giugno 2020

L'Unione Utenti: "Pronti a partecipare a un piano di rilancio dello scalo"

Il presidente Martini: "Sbagli nel passato, ma ora con progetto hub, ferrovie e Zes grandi opportunità"

10 giugno 2020 - ravenna - Riccardo Martini, amministratore delegato di DCS Tramaco e presidente dell’Unione Utenti e operatori del porto di Ravenna: come vede lo scalo ravennate mentre l’economia italiana sta faticosamente ripartendo dopo la crisi dovuta all’epidemia Covid-19?

“Prima di tutto vorrei sottolineare la grande prova di coesione che tutto il cluster portuale ha dimostrato in questi difficilissimi mesi. Sia le imprese che i lavoratori hanno dato prova di forte senso di responsabilità, permettendo al nostro porto di continuare a funzionare al meglio, nel pieno rispetto delle norme a tutela della salute pubblica, grazie anche a Istituzioni ed enti locali come Comune, Regione, AdSP e Uffici di controllo che non hanno mai fatto mancare il loro supporto. Adesso inizia una fase altrettanto difficile, in cui l’industria marittima sconta il crollo degli scambi mondiali e per chi non si farà trovare pronto sarà dura”.

In questi giorni sono stati annunciati importanti investimenti pubblici per opere infrastrutturali, che miglioreranno i collegamenti e i servizi del porto di Ravenna. Basterà questo a rilanciare il nostro scalo, con traffici in sofferenza negli ultimi mesi?

“Regione, Comune e AdSP stanno facendo un ottimo lavoro, rimediando a decenni di incomprensibili ritardi, con interventi infrastrutturali che gli operatori locali reclamavano inascoltati da una vita.
E’ un grosso passo avanti, ma i cui effetti si vedranno fra anni, considerati i tempi che ci vogliono per queste opere pubbliche. Nel frattempo, però, bisogna riuscire almeno a mantenere i traffici esistenti. Le ultime statistiche sono ovviamente influenzate dall’effetto Covid, ma non dobbiamo fare l’errore di nasconderci dietro a quest’emergenza, perché già i dati del 2019 e dei primi mesi del 2020 avevano il segno meno, a fronte delle crescita di molti porti nostri concorrenti. A Ravenna, evidentemente, ci sono problematiche antecedenti, che sommate a quelle dell’epidemia possono risultare molto pericolose per i prossimi mesi".

Da dove nascono queste difficoltà?

“Sicuramente ci penalizza non essere ancora riusciti a rimediare al declassamento del massimo pescaggio, avvenuto un anno fa a causa dell’insabbiamento dell’avanporto. Sappiamo che AdSP non ha ancora a disposizione casse di colmata e che il presidente Rossi sconta lentezze burocratiche assolutamente anacronistiche, ma i trader e gli armatori non aspettano noi, avendo valide alternative in Adriatico. Soprattutto i cereali e i metallurgici hanno bisogno del maggior pescaggio possibile e in attesa che si realizzi l’escavo del piano Hub, bisogna tornare il prima possibile al pescaggio originario.
Dobbiamo, inoltre, tener presente che il nostro porto è un’eccellenza nazionale per l’importazione di materie prime per l’industria e questo lo espone anche ai rischi che un calo della produzione industriale comporta. Può essere a causa di una crisi economica globale, come nel 2008, o per una guerra sui dazi all’importazione, oppure per una pandemia che genera crisi economiche a livello mondiale, come vediamo in questi giorni".

Come vede la situazione del traffico container?


“I terminal container di Ravenna hanno gli stessi problemi degli altri terminal. Pescaggi ridotti e collegamenti stradali e ferroviari obsoleti. E’ un peccato, perché i traffici container, coprendo una tipologia molto più ampia di merci, sopportano meglio le fluttuazioni dei mercati mondiali. In questi mesi, infatti, sia a livello nazionale che locale hanno perso meno di altre tipologie di traffico. Trieste, a maggio, segna addirittura un + 4%".

Dobbiamo aspettare il nuovo Terminal in Trattaroli per un rilancio di questo traffico?

“Gli attuali terminal sono sottoutilizzati e potrebbero sopportare tranquillamente una crescita del 30-40%, in attesa del nuovo Terminal. Bisogna, però, metterli in condizione di migliorare la propria offerta di servizi e avere una strategia commerciale e promozionale, che forse è mancata negli ultimi anni, quasi che i container fossero figli di un dio minore e non una ricchezza per decine di aziende portuali e dell’indotto, con le loro centinaia di lavoratori.
Anche in questo caso i numeri spiegano meglio delle parole: negli ultimi vent’anni il traffico container in Mediterraneo è cresciuto del 500%, ma Ravenna non ha intercettato nulla di questa crescita e movimenta sì e no gli stessi container di vent’anni fa.
All’inizio degli anni ’80, Ravenna era il primo porto container dell’Adriatico e il terzo in Italia. Adesso è il quarto in Adriatico e il decimo in Italia. Sicuramente parte del merito è degli altri porti, ma sicuramente parte è nostro demerito".

Cosa si potrebbe fare, a suo parere, per invertire la tendenza negativa del nostro scalo?


“Con l’attuazione del progetto HUB il porto di Ravenna garantirà competitività anche in futuro ai tradizionali traffici di rinfuse, dall'altra renderà disponibili  grandi aree per la logistica da sfruttare e anche la possibilità di farle diventare ZES.
In questo momento vanno di moda le cabine di regia, le task force, ecc.ecc. Forse servirebbe qualcosa del genere, che metta allo stesso tavolo le Istituzioni e le principali categorie economiche legate al porto, per elaborare un progetto indirizzato verso servizi di logistica integrata, che garantiscono valore aggiunto, forte occupazione e traffici fidelizzati, da offrire a gruppi industriali italiani e internazionali, individuati anche in base a uno studio aggiornato sul posizionamento di Ravenna all’interno dei flussi degli scambi mondiali".


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