sicurezza e cambiamento

Interviste

ravenna 25 agosto 2020

Francesco Santi nuovo presidente nazionale degli Agenti Marittimi “Processi decisionali troppo lenti fermano lo sviluppo dei porti”

25 agosto 2020 - ravenna - Alessandro Santi, presidente dell’Associazione agenti marittimi di Venezia, ma iscritto anche all’associazione di Ravenna, nel cui porto opera come Mirco Santi e Sagem, ha raggiunto la doppia maggioranza (associazioni territoriali e aziende) prevista dallo Statuto di Federagenti ed è stato quindi ‘designato’ quale prossimo presidente della Federazione. Diventerà presidente effettivo con l’assemblea generale di fine anno.
Il che si traduce in alcuni mesi di affiancamento fra presidente (Gian Ezio Duci) e presidente designato (Alessandro Santi), con un iter di passaggio di consegne che garantirà la continuità nella linea di comando di Federagenti in un momento particolarmente delicato e complesso per la portualità nazionale e per le aziende del settore.

Santi, cosa significa mettersi alla guida di una categoria importante, come quella degli agenti marittimi, in questo momento economico e sociale molto difficile?
“Per me prendere in mano il timone della Federazione rappresenta prima di tutto un grande onore ma anche una sfida per almeno quattro motivi: succedo a un presidente che spero di avere al mio fianco, che non ha certo avuto paura di assumere posizioni anche di aperta critica rispetto alle Istituzioni, tracciando rotte originali per il rilancio della portualità e delle attività che nei porti si svolgono. In secondo luogo, la categoria, come tutta l’economia del Paese, si troverà ad affrontare problemi complessi ed epocali conseguenti l’emergenza Covid e il lockdown. Il terzo elemento della sfida è rappresentato dalla necessità cogente, anche come conseguenza della crisi, di portare alla luce e affrontare con coraggio le tematiche locali della categoria nelle varie realtà italiane. Infine, il quarto elemento è quello di tenere unita nel processo di cambiamento in atto, una categoria, quella degli agenti marittimi, che ha la necessità di affrontare il futuro in un quadro anche normativo caratterizzato da maggiori certezze”.
Restiamo alla sua elezione: dopo 30 anni non è il Tirreno a esprimere il presidente degli Agenti marittimi…
“L’Alto Adriatico torna ad avere questa carica nazionale. Tra l’altro, nel mio caso, espressione di due porti come Ravenna e Venezia”.
A creare incertezza, in questa fase così difficile dell’economia, è anche lo stallo nel quale si trovano diverse Autorità di sistema portuale. Non è così?
“Purtroppo è così. Ci sono Adsp particolarmente in stallo, altre sub judice, presidenti che in questo contesto burocratico fanno fatica a prendere decisioni. Inoltre, consideriamo che veniamo da mesi difficili per via del Covid che sta avendo e avrà ancora ripercussioni sull’economia e quindi sulla portualità. In questa fase dovremmo avere organi decisionali pienamente in attività. Invece, non è così”.
In particolare, per Ravenna e Venezia, quali difficoltà individua principalmente?
“Quella dei fondali. Ravenna parte ora con l’hub portuale, ma da quanti decenni aspetta l’escavo? Così come a Venezia, si parla di questi problemi da anni, tutto tempo perso dietro la burocrazia. E dire che l’escavo dei fondali dovrebbe essere una priorità per un porto. Ma i processi decisionali sono troppo lenti, coinvolgono decine di enti, montagne di documenti. E così perdiamo mercato”.
Come giudica l’acquisizione dal parte di A.P. Moller-Maersk della società svedese KGH Customs Services, specializzata nella fornitura di servizi doganali in diverse modalità di trasporto?
“Non è il primo caso e non sarà certo l’ultimo. Le compagnie dello shipping allargano la filiera produttiva, dopo la logistica rappresentata da terminal, ferrovie, autotrasporto, ecco che acquisiscono grandi case di spedizioni, così assumono anche una funzione commerciale. E’ una logica evoluzione del mercato”.
Periodicamente si torna a parlare di Napa, di collaborazione tra i porti dell’Alto Adriatico. Favorevole o contrario?
“È evidente che siamo nell’Italia dei tanti porti, un po’ come le 100 parrocchie, e ciò è dovuto anche all’orografia del nostro Paese. Ora, io non so se sarebbe meglio avere una Adsp unica da Trieste a Ravenna o creare un coordinamento.
È chiaro che dalla Cina o dagli Usa ci vedono come un puntino piccolo piccolo, non ragionano nell’ottica di distanze di 100 km tra uno scalo e l’altro. Inoltre, porti e interporti del Nord Est operano in regioni con il più alto Pil nazionale. Pensiamo al Friuli, al Veneto, alla Lombardia e all’Emilia Romagna. Io vedo l’Alto Adriatico come un porto diffuso a disposizione dell’export. In import ogni porto ha un proprio retroterra col quale lavorare a seconda delle specializzazioni”.



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