sicurezza e cambiamento

Interviste

ravenna 13 ottobre 2020

Bezzi: “Il salto di qualità lo faremo veramente quando approfondiremo a -14,50 metri”

13 ottobre 2020 - ravenna - Norberto Bezzi, con Le Navi-Seaways e i numerosi ruoli associativi ricoperti in parecchi anni di attività, è certamente una delle ‘voci’ più ascoltate del porto di Ravenna. Lo abbiamo intervistato

Faccia un salto nel futuro: come vede il porto di Ravenna tra 5 anni, ultimati gli scavi a -12,50 metri e adeguate le banchine?
“Ovviamente le banchine debbono essere adeguate e realizzate tenendo in considerazione i fondali che si intendono raggiungere. Il tempo che richiede l’esecuzione di questi lavori infrastrutturali purtroppo non si può evitare.
Un fondale di -12,50m. è importante quale risultato intermedio, forse più per il traffico di merci alla rinfusa che per quello di merci in contenitori. Considerato che in Adriatico, a parte Trieste che ha un fondale in grado di far atterrare le grandi navi, Venezia e Ancona hanno già fondali superiori a quello di Ravenna, ritengo che avere a disposizione un fondale di -12,50m. consentirà al porto di Ravenna di meglio svolgere la sua funzione di “gate” al servizio della produzione industriale che si rivolge al nostro porto per l’importazione o esportazione di merci. Non credo, invece, che questo fondale consentirà a Ravenna di attrarre traffici che ora si servono di altri porti adriatici. Per ottenere un vantaggio competitivo è necessario raggiungere una profondità di fondale superiore a quella che altri porti sono in grado di offrire. Il vantaggio competitivo del porto di Ravenna si manifesterà allorquando saremo in grado di raggiungere la profondità di -14,50 m.; per questo è importante portare a termine, nel più breve tempo possibile, il progetto Hub Port di Ravenna; tenuto anche in conto il fatto che quasi tutti i porti italiani, e quindi anche quelli adriatici, o già stanno approfondendo i loro fondali o hanno avviato le pratiche burocratiche per giungere a farlo”.

Nel frattempo, cosa consiglia di fare all’AdSP e agli operatori portuali, visto che non si potrà attendere il termine degli escavi da spettatori?
“Non consigli, semmai considerazioni.
Considerato quanto già sopra scritto, sarà necessario cogliere ogni opportunità che l’evolversi dei traffici presenterà, man mano che l’escavo offrirà maggiori fondali e il progetto infrastrutturale del porto avanzerà.
Daniele Rossi, presidente dell’AdSP di Ravenna e di Assoporti, ben conosce la realtà dei porti e dei traffici. Egli sa bene, ad esempio, che il traffico croceristico in Adriatico necessita di riposizionarsi, almeno in parte. È un’opportunità per Ravenna che si gioca sul tempo, considerato che anche il Terminal crociere del nostro porto deve essere dragato, oltre che meglio infrastrutturato.

Un’altra opportunità è rappresentata dall’entrata in esercizio nel 2021 del deposito da 20mila metri cubi di gas naturale liquefatto che la NewCo Depositi Italiani Gnl realizzerà nel porto di Ravenna.
È una iniziativa importante, che si pone in linea con l’Accordo di Parigi del dicembre 2015 - primo Accordo universale e giuridicamente vincolante - che fissava la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% - rispetto ai livelli del 1990, entro il 2030; e con la visione strategica che l’UE ha adottato nel novembre 2018 che persegue l’obiettivo di un futuro a impatto climatico “zero”, entro il 2050.
Ciò significa una trasformazione economica e sociale che, nell’arco di una generazione, giunga all’azzeramento della produzione di energia attraverso i combustibili fossili.
Il raggiungimento di questo obiettivo porterà alla modernizzazione dell’intero comparto industriale e, per quanto concerne i trasporti, a una mobilità pulita, connessa e competitiva.

Il gas naturale liquefatto è comunque un combustibile fossile, ma di impatto ambientale assai meno inquinante rispetto ai carburanti derivati dal petrolio; il gas naturale liquefatto è un combustibile destinato, comunque, a essere sempre più impiegato nei prossimi 30 anni, favorendo la “transizione” verso combustibili a impatto zero quali l’idrogeno o l’ammoniaca. Nel comparto marittimo, in particolare quello crocieristico, sono già operative navi di Carnival, Costa Crociere, MSC alimentate a Gnl. Queste stesse Compagnie hanno già confermato ordini ai cantieri navali per altre navi sempre alimentate a Gnl. La disponibilità di Gnl in porto sarà presto premiante rispetto alla competitività tra i porti.
In Tirreno, Livorno; in Adriatico, Ravenna saranno i primi porti a disporre di impianti Gnl”.

Per quanto tempo ancora la pandemia influenzerà lo shipping?

“Il traffico mercantile e crocieristico mette in connessione, via mare, tutti i continenti. È ormai un anno che il Covid 19 si è propagato in tutto il mondo. La sfida è fronteggiare la pandemia; non si tornerà alla “normalità”, sia per quanto concerne il nostro “modus vivendi” che lo “scambio commerciale” via terra e via mare, fino a quando il Coronavirus non sarà debellato.
Di recente abbiamo appreso che alcuni vaccini verranno presto distribuiti per essere somministrati alle varie popolazioni; fino a che non si raggiungerà la cosiddetta “immunità di gregge”, le presenti difficoltà continueranno ad affliggerci. A quanto si dice, è prevedibile che questo risultato possa essere raggiunto nel corso del 2021.

Quando il Covid 19 sarà stabilmente “sotto controllo” recupereremo una certa normalità nei nostri comportamenti sociali; temo, invece, che non altrettanto sarà a riguardo della ripresa dell’economia e, in particolare, della ripresa dei traffici marittimi in importazione ed esportazione per e dai porti italiani.
Il tessuto produttivo italiano, dopo oltre 15 mesi di sofferenza, farà fatica a recuperare lo “status quo” pre-pandemia. Molti sono gli scenari di crisi presenti nell’industria italiana. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha sollecitato il nostro Governo ad approfittare della eccezionale disponibilità di risorse, messe a disposizione dall’Europa, per re-inventare l’Italia. Mi auguro che il consiglio venga seguito.
Districandosi dalle mille emergenze che affliggono il nostro Paese, ritengo prioritario che il Governo si concentri sull’evidenza che l’Italia, priva di materie prime, è divenuta la “seconda industria manifatturiera d’Europa e la quinta potenza mondiale per surplus commerciale” (dati 2019). Il “lavoro” è alla base del progresso dell’economia e il lavoro lo creano, in massima parte, le commesse pubbliche e le produzioni industriali e agricole. Queste alimentano il traffico marittimo in importazione e quello di esportazione dei prodotti lavorati dalle nostre industrie.

A mio avviso, re-inventare l’Italia, per quanto concerne il comparto produttivo, significa mettere la nostra industria in grado di mettere a valore la riconosciuta ingegnosità italiana; significa, cioè, affrontare i tanti ben conosciuti nodi che legano la nostra economia e imbrigliano la capacità di “volare” della nostra industria”.

In questi mesi, si è tanto parlato, indiscriminatamente, di tracollo dello shipping.
“Il comparto marittimo che ha subito conseguenze davvero pesanti è quello crocieristico. Molte sono le navi da crociera in disarmo, ormeggiate nei porti, in attesa di riprendere il mare.
Gli armatori di navi mercantili, sia rinfusiere, convenzionali e porta-contenitori, per contro, costretti dalla contrazione della “domanda” che si è registrata a seguito dell’estendersi della pandemia, hanno adottato strategie in grado di equilibrare l’offerta di spazio a bordo delle navi con la richiesta di trasporto via mare; il che ha consentito agli armatori di apprezzare i noli mare sino a renderli “remunerativi”.
Dubito, tuttavia, che gli armatori impegnati sia nel settore mercantile che crocieristico siano riusciti a compensare le perdite subite nel settore crocieristico con gli utili del settore merci”.

La portualità nazionale quanto è competitiva rispetto agli scenari internazionali che si delineano?

“Se ben comprendo, mi si chiede se i porti italiani possiedono infrastrutture in grado di competere con i porti di altri Paesi. Ritengo si possa rispondere prendendo in considerazione: a) le merceologie di riferimento; b) l’area geografica del confronto.
Il fabbisogno nazionale necessita di materie prime, trasportate via mare con navi rinfusiere. Trattasi principalmente di traffico in importazione che, per il contenimento dei costi di approvvigionamento, viene sbarcato nel porto più vicino all’area di utilizzo. Tutti i Paesi del Mediterraneo hanno porti assai vicini l’uno all’altro, in grado, quindi, di soddisfare questa esigenza. La quantità trasportata dipende dalla “domanda”, che viene sodisfatta tramite il noleggio di navi idonee per struttura costruttiva e per capacità di carico.

Avere a disposizione porti con pescaggi maggiori può essere certamente un vantaggio, sempre che vi sia una domanda che ne possa beneficiare. Altrettanto vale per lo scambio, import/export, di merci in contenitori che transitano da porti vicini all’area di produzione o destinazione. Del tutto diversa, invece, è la logica dei porti Hub, attraverso i quali transitano merci “in transhipment” su altre navi, di minor stazza e capacità di carico, che provvedono a trasferirle nei porti finali. Attualmente, l’Italia ha un solo efficiente porto Hub: Gioia Tauro; ben posizionato al centro del Mediterraneo e, quindi, quasi equidistante rispetto ai porti finali cui le merci provenienti da o destinate oltre gli Stretti sono destinate. Vi sono, poi, i porti di Genova e Trieste che ambiscono ad affiancare alla vocazione di “porto finale” quella di Hub, ovvero di transito per “via terrestre” delle merci in contenitori verso i Paesi Transalpini. Già lo fanno, ricevendo navi con capacità di carico sino a 14.000 teus; ma per accogliere le navi dell’ultima generazione, in grado di trasportare sino a 23.000 teus, necessitano di opere infrastrutturali che li metta in grado di svolgere appieno a questa funzione.

Comunque, i nostri porti Hub, tra i quali bisogna includere anche Cagliari e Taranto, che ambisce a diventarlo, sono in diretta competizione con molti altri porti Hub che si affacciano sul Mediterraneo.Non basterà avere a disposizione fondali adeguati (-18/-20 metri); la competizione si giocherà soprattutto sul “servizio”; ovvero su avanzati sistemi informatici in grado di automatizzare le operazioni di sbarco/imbarco e ridurre drasticamente i tempi di sosta delle navi in porto.






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