sicurezza e cambiamento

Interviste

ravenna 23 ottobre 2020

Guidi: «Dal DL Rilancio importanti strumenti per sostenere i porti in difficoltà»

23 ottobre 2020 - ravenna - Come viene giudicato il lavoro del Governo per sostenere le attività portuali dell’emergenza Covid? Lo abbiamo chiesto a Cesare Guidi, presidente dell’Angopi.

Occorre premettere che, per quanto possa apparire paradossale, data la conformazione geografica del nostro Paese, nel corso degli anni abbiamo assistito a una progressiva ripartizione delle competenze dell’ambito marittimo-portuale fra diversi Ministeri, fenomeno questo che rende complessa la definizione di un’organica politica di settore.
Ho tuttavia la sensazione che durante la fase del lockdown si sia apprezzata la rilevanza dei porti nella nostra economia, non essendosi mai fermata l’attività lavorativa in ambito portuale e, conseguentemente, tutta quella della catena logistica che intorno al porto ruota. Chissà se quanto accaduto e sta purtroppo accadendo non sia utile a riconoscere alle questioni logistiche l’attenzione e la centralità che meritano.

In questo contesto generale ritengo vadano comunque apprezzati gli interventi predisposti in sede normativa per indennizzare le imprese che operano in ambito marittimo portuale degli effetti, in alcuni casi devastanti, dovuti all’epidemia da corona virus.
Occorre, infatti, tenere conto che nei mesi del lockdown, alcune realtà portuali nostre associate hanno registrato un calo delle prestazioni pari all’80% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente, percentuale che, in termini di media nazionale riferita ai primi 5 mesi del corrente anno, è quantificabile in oltre il 40%.

Essendo il nostro un servizio reso alla pressoché totalità del traffico commerciale, è evidente che con questi numeri si è reso necessario un intervento statale a sostegno di un settore che, come detto, non si è mai fermato.
Sul punto ritengo che l’insieme dei provvedimenti contenuti nel cosiddetto ‘DL rilancio’ con le successive integrazioni previste nel DL agosto e ancor prima in quello semplificazioni, hanno fornito un adeguato sostegno al settore marittimo-portuale, tenendo naturalmente conto dei vincoli della finanza pubblica e della necessità di intervenire anche a sostegno di altri settori della nostra economia fortemente penalizzati dalla pandemia.

Alla luce della crisi internazionale della portualità, le misure di sostegno a ormeggiatori e compagnie portuali verranno prorogate al 2021?
Come presidente dell’Associazione che rappresenta gli ormeggiatori e i barcaioli dei Porti Italiani, mi limito a fare una breve considerazione riferita a questa categoria.
Il beneficio previsto all’art.199 del DL rilancio ha tenuto conto della natura del servizio di ormeggio, codificato nel nostro ordinamento come servizio di interesse generale, atto a garantire la sicurezza della navigazione in ambito portuale e nell’approdo.

La drammatica riduzione dei traffici che ha toccato i nostri porti durante la fase del lockdown e che ha conosciuto solo un parziale recupero del periodo successivo, ha notevolmente ridotto le risorse delle Società cooperative che prestano il servizio di ormeggio nei porti italiani, rischiando di privarle di quanto necessario per soddisfare gli standard di sicurezza imposti dalle Capitanerie di Porto.
Ritengo, però, doveroso precisare che la categoria che rappresento si è mostrata sensibile agli effetti che la pandemia ha provocato per l’intera catena logistica e segnatamente nei riguardi delle Società di navigazione.

Questo atteggiamento ci ha indotto a valutare favorevolmente un emendamento presentato nella legge di conversione del cosiddetto decreto legge agosto, in forza del quale, l’indennizzo riconosciuto agli ormeggiatori può anche essere utilizzato per interventi di natura tariffaria, divenendo in questo modo un beneficio in senso più generale.

Acclarato lo spirito con cui la categoria intende utilizzare gli interventi dello Stato, gli effetti della pandemia in atto, mi inducono purtroppo a ritenere che anche il 2021 sarà un anno particolarmente difficile per la portualità e il trasporto marittimo, e in particolar modo, per quelle tipologie di traffico (traghetti, navi da crociera) che più di altre sono state penalizzate dai necessari interventi di natura emergenziale che hanno condizionato la mobilità dei passeggeri.

Potrebbe mai verificarsi in Italia un regime di concorrenza nell’ambito dei servizi tecnico nautici?
Per una distorta immagine del mercato, frutto anche di indicazioni provenienti nel passato dall’Unione Europea, si è erroneamente indotti a ritenere che si può parlare di efficienza solo nel caso in cui ci troviamo in presenza di concorrenza nel mercato.
Ci sono alcuni servizi, e fra questi quello di ormeggio, per i quali credo sia stata ampiamente dimostrata e condivisa una maggiore efficacia ed efficienza derivante dalla presenza di un unico soggetto che opera all’interno di un mercato regolato.

Nel caso specifico degli ormeggiatori, il momento dell’apertura al mercato è individuabile nella fase di accesso alla professione, che avviene attraverso un concorso pubblico aperto a tutti i cittadini dell’Unione Europea, aventi i requisiti stabiliti da specifiche disposizioni ministeriali.
Proprio, però, per assicurare un servizio efficace ed efficiente, è necessario che i vincitori vengano poi riuniti all’interno di un’unica organizzazione, sulla quale l’Autorità Marittima esercita compiti di vigilanza e controllo e che consente di evitare inutili duplicazioni di costi, garantendo contemporaneamente un servizio universale reso alle medesime condizioni a tutti gli utenti nel rispetto degli standard di sicurezza fissati dall’Autorità Marittima.

Partner stranieri nei porti italiani. Qual è la sua opinione?
Parto dal presupposto che il porto è e deve rimanere un’infrastruttura pubblica, governata da un ente pubblico che tuteli gli interessi di tutti i soggetti economici che lavorano con il porto.
Si tratta di un impianto previsto dalla normativa vigente, che classifica le Autorità di Sistema Portuale come Enti pubblici non economici, ai quali attribuisce, fra l’altro, il compito di assegnare le concessioni rilasciate ai terminalisti perseguendo l’interesse pubblico ad una determinata utilizzazione degli spazi portuali e la realizzazione di opere portuali, insieme all’erogazione di specifici servizi caratterizzati come “operazioni portuali”, nell’ottica di garantire il migliore approvvigionamento di prodotti e risorse oggetto dell’interscambio del nostro Paese.

Da questo punto di vista non nascondo una certa preoccupazione riguardo al contenzioso in atto con l’Unione Europea circa la natura dei canoni demaniali e il possibile uso strumentale di questo contenzioso che qualcuno ha provato a fare, per trasformare le Autorità di Sistema Portuale in Società per Azioni. Nel momento in cui viene garantito il controllo pubblico del porto, diventa a mio avviso secondaria la nazionalità delle imprese che nel porto operano, dovendo la loro attività, come detto, essere funzionale alle esigenze del sistema Paese.

Certo, quanto accaduto nel Pireo deve suonare come un campanello d’allarme per il legislatore unionale, al fine di evitare che la catena logistica possa passare sotto il controllo di Paesi terzi, con le ovvie negative ricadute per la nostra economia.

Da questo punto di vista ritengo che anche la nostra normativa vada migliorata attraverso l’introduzione di strumenti più efficaci che consentano di assicurare un controllo pubblico sulla possibile integrazione verticale fra le attività economiche svolte in ambito portuale e quelle relative al sistema logistico, con il quale la AdSP tende ad integrarsi.
Questa integrazione, infatti, si sta già concretizzando nei porti italiani secondo modalità e criteri che non garantiscono alcun controllo e ruolo di governo da parte della AdSP, strumenti che appaiono, invece, necessari per evitare forme di dumping sociale, con riduzione delle tutele economiche e sociali proprie del lavoro svolto in ambito portuale.




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