sicurezza e cambiamento

Interviste

ravenna 30 agosto 2021

Prandini: «Logistica asset strategico per l’agroalimentare»

30 agosto 2021 - ravenna - Un fortissimo interesse verso la nascita del ‘polo del freddo’ nel porto di Ravenna è venuto da subito da Coldiretti. Al presidente nazionale dell’organizzazione, Ettore Prandini, abbiamo chiesto quali opportunità intravvede per il mondo agricolo.

“Partiamo dal fatto che mai come in questo anno di criticità pandemica è stata riproposta con forza la questione legata alla logistica in generale. Purtroppo l'Italia sotto questo punto di vista, ha delle carenze strutturali che si sono accumulate negli anni, generando 13 miliardi all’anno di bolletta logistica con un aggravio per i nostri operatori superiore dell’11% rispetto alla media europea (Fonte: Centro Studi Divulga). Ritardi che riguardano sicuramente anche il tema della portualità che, come Coldiretti, riteniamo essere un asset strategico sul quale investire per potenziare, di conseguenza, anche la capacità competitiva dell'agroalimentare”.

Il porto di Ravenna, quindi, come trampolino di lancio all’estero dell’agroalimentare nazionale?
“C’è la necessità di essere presenti su tutti i mercati a livello mondiale, ma anche con un'attenzione rispetto a quello che è un mercato di carattere europeo e dove sicuramente è importante la presenza di un porto, ma non solo. C’è tutta la gestione sul retro porto, quindi creare un collegamento diretto anche con i sistemi ferroviari e c'è un ulteriore lavoro che dovrà essere fatto in termini di semplificazione burocratica”.

Gli eccessi burocratici, tra l’altro, favoriscono i porti nord europei.
“Non possiamo continuare a consentire che, mediamente, lo sdoganamento dei container impieghi, dal momento in cui la nave arriva fuori da un porto italiano, 7- 8 giorni. A Rotterdam lo sdoganamento viene completato nell'arco di una giornata. La riduzione dei tempi burocratici comporterebbe anche una diminuzione di costi per le imprese e, soprattutto, un'efficienza in termini di tempistiche. Non è un caso che tante industrie agroalimentari dal nostro paese continuano a utilizzare Rotterdam come porto di riferimento e non scali nazionali”.

Da qui la necessità di puntare su uno scalo italiano posizionato geograficamente in maniera strategica, come quello di Ravenna?
“Di fronte a quello che ho descritto, come Coldiretti e come Filiera Italia, stiamo ragionando con il porto di Ravenna e con vari operatori dei settori agroalimentare. Penso ai comparti delle carni, al suinicolo, alle nostre grandi eccellenze come Grana Padano e Parmigiano Reggiano che necessitano di avere a disposizione un centro strutturato che guarda anche i mercati che in prospettiva possono essere di grande interesse come quello asiatico. Ravenna, da questo punto di vista, ha tutte queste caratteristiche. Se poi, a questo, uniamo il fatto che le zone principali dove viene prodotta l’ortofrutta nel nostro Paese, sono le regioni che già oggi lavorano con il porto di Ravenna, quindi Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, capiamo che tipo di sviluppo può avere lo scalo emiliano-romagnolo. Per questo ci siamo mossi a livello istituzionale con la Regione, il Comune, l’Ente portuale trovando condivisione di obiettivi. Il primo lavoro è quello di creare le condizioni per le quali tutte le tipologie di navi nei prossimi anni possano entrare nel porto di Ravenna abbassando il fondale, come prevede il progetto hub portuale. Dobbiamo riuscire a far viaggiare grandi quantitativi di merce su un unico mezzo”.

Quando si potrebbe entrare nel vivo di questo progetto?
“Penso che lo si possa fare già nei prossimi mesi. Se c’è la volontà politica vanno create le condizioni per le quali le risorse che verranno stanziate anche dal Pnrr, vengano utilizzate per interventi concomitanti sul porto e sul retro porto, sviluppando le ferrovie per il trasporto merci. Ritengo che le risorse vadano indirizzate verso i porti, come Ravenna, che sono già pronti a partire”.

Chiudiamo con MacFrut, evento internazionale di valore assoluto: lei sarà a Rimini?
“Assolutamente sì, perché riteniamo che il settore ortofrutticolo debba ritornare ad avere una sua centralità sulle politiche economiche legate al comparto agricolo.
Purtroppo per anni è stato assolutamente trascurato in quanto non c'è stata una programmazione, mi si passi il termine, anche legata alla ricerca. Quindi, sia per quanto riguarda il tema di sviluppo della genetica delle piante che la conoscenza del trend dei consumi dei cittadini, non solo italiani ma in modo più ampio a livello europeo e mondiale, dobbiamo recuperare il tempo lasciato per strada e riguadagnare quote di mercato. Infine, con i cambiamenti climatici in atto è necessario promuovere strumenti di gestione del rischio moderni, riguardanti sia la difesa attiva che passiva delle colture e volti a tutelare le imprese e i loro redditi”.



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