Energia
ravenna
10 gennaio 2019
Il fronte del NO alla moratoria sull'energia
Critiche all'emendamento grillino di Roca, Confindustria e Mingozzi (TCR)
10 gennaio 2019 - ravenna - Dura presa di posizione del Roca contro l'emendamento previsto nel decreto Semplificazioni che prevederebbe una moratoria delle attività energetiche. "Assistiamo con un mix di preoccupazione e incredulità - afferma il presidente del Roca, Franco Nanni - alle dichiarazioni di membri di governo ed esponenti politici, legati a un unico movimento politico, sull’emendamento presentato al decreto semplificazione con il quale si intenderebbe fermare per tre anni ogni attività di ricerca e produzione di gas".
"Appare per noi sorprendente la dichiarazione «le attività upstream non rivestono carattere strategico e di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità». Ciò significherebbe far pesare nuovamente sulle tasche delle famiglie l’approvvigionamento di gas per riscaldarsi, cucinare e quant’altro, così come peserebbe ancora di più sull’industria che utilizza il gas come fonte energetica. Se non viene estratto gas dall’Adriatico l’Italia deve importarlo, con tre conseguenze: 1) dispersione di almeno il 25% di gas per la fase di pressurizzazione nell’immissione nei gasdotti; 2) maggiori costi per il sistema produttivo e famiglie; 3) minori entrate tributarie e fiscali per lo Stato".
Non ultimo, ricorda Nanni, "il blocco di ogni attività legata al gas, che viene svolta con tecnologie modernissime e nel totale rispetto della sostenibilità ambientale, provocherebbe la perdita di migliaia di posti di lavoro".
Il gas è l’unica "fonte energetica di transizione verso le rinnovabili per le quali dobbiamo attendere ancora almeno 20 anni prima che siano a regime. Se ancora siamo in un Paese normale, le ‘attività upstream’ sono più che strategiche. A meno che non si ritenga normale che il gas adriatico venga estratto da Croazia, Albania, Montenegro e poi rivenduto all’Italia.
Tutto questo sta succedendo quando a Ravenna si stanno chiudendo aziende del settore e si licenziano persone per mancanza di lavoro. Mancando nuovi investimenti non ci può essere crescita e non si creeranno posti di lavoro".
"Il blocco di ogni attività di esplorazione ed estrazione di idrocarburi e delle 36 autorizzazioni relative che il ministero dello Sviluppo intende oggi attuare con una moratoria di tre anni - commenta il presidente del Terminal Container del porto di Ravenna, Giannantonio Mingozzi - colpisce in particolare l'industria ravennate, tra le più avanzate in tutto il mondo e che produce ricchezza per il territorio, posti di lavoro ed innovazione tecnologica". "In molti a Ravenna fummo tra i più fermi avversari del referendum del 17 aprile del 2016 che sosteneva le istanze No Triv ed infatti quel referendum non ebbe effetto: oggi dobbiamo recuperare quell'impegno e quella solidarietà verso le imprese ravennati che rischiano nuove difficoltà dopo il rallentamento di commesse e autorizzazioni verificatosi negli ultimi mesi".
Confindustria Romagna, in una nota altrettanto dura, dichiara: "In Romagna ha sede il più importante distretto nazionale di oil&gas, che da decenni contribuisce allo sviluppo sostenibile delle comunità locali in sintonia con gli altri settori produttivi, a partire da quello turistico: ci sono voluti molti anni e una sentenza del Consiglio di Stato per riaffermare la legittimità delle esplorazioni in Adriatico e il loro impatto sull’economia e l’occupazione, ricordando come tutta l’attività avvenga nel totale e pieno rispetto delle norme e dell’ambiente in cui è integrata.
La sospensione di un’attività economica affermata a livello internazionale, con eccellenze ad altissimo tasso di innovazione e tecnologicamente all’avanguardia, sarebbe letale per l’economia locale e nazionale, una scelleratezza che non ci si potrebbe permettere nemmeno in tempi floridi.
Le imprese del settore e dell’indotto, le migliaia di lavoratori e le loro famiglie hanno già sofferto un blocco delle attività che ha aggravato una pesante crisi congiunturale: non ci stancheremo mai come Confindustria Romagna di ribadire i quanto i costi del non fare siano dannosi per tutta la collettività, soprattutto quando i blocchi arrivano da amministratori della cosa pubblica".
© copyright Porto Ravenna News
"Appare per noi sorprendente la dichiarazione «le attività upstream non rivestono carattere strategico e di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità». Ciò significherebbe far pesare nuovamente sulle tasche delle famiglie l’approvvigionamento di gas per riscaldarsi, cucinare e quant’altro, così come peserebbe ancora di più sull’industria che utilizza il gas come fonte energetica. Se non viene estratto gas dall’Adriatico l’Italia deve importarlo, con tre conseguenze: 1) dispersione di almeno il 25% di gas per la fase di pressurizzazione nell’immissione nei gasdotti; 2) maggiori costi per il sistema produttivo e famiglie; 3) minori entrate tributarie e fiscali per lo Stato".
Non ultimo, ricorda Nanni, "il blocco di ogni attività legata al gas, che viene svolta con tecnologie modernissime e nel totale rispetto della sostenibilità ambientale, provocherebbe la perdita di migliaia di posti di lavoro".
Il gas è l’unica "fonte energetica di transizione verso le rinnovabili per le quali dobbiamo attendere ancora almeno 20 anni prima che siano a regime. Se ancora siamo in un Paese normale, le ‘attività upstream’ sono più che strategiche. A meno che non si ritenga normale che il gas adriatico venga estratto da Croazia, Albania, Montenegro e poi rivenduto all’Italia.
Tutto questo sta succedendo quando a Ravenna si stanno chiudendo aziende del settore e si licenziano persone per mancanza di lavoro. Mancando nuovi investimenti non ci può essere crescita e non si creeranno posti di lavoro".
"Il blocco di ogni attività di esplorazione ed estrazione di idrocarburi e delle 36 autorizzazioni relative che il ministero dello Sviluppo intende oggi attuare con una moratoria di tre anni - commenta il presidente del Terminal Container del porto di Ravenna, Giannantonio Mingozzi - colpisce in particolare l'industria ravennate, tra le più avanzate in tutto il mondo e che produce ricchezza per il territorio, posti di lavoro ed innovazione tecnologica". "In molti a Ravenna fummo tra i più fermi avversari del referendum del 17 aprile del 2016 che sosteneva le istanze No Triv ed infatti quel referendum non ebbe effetto: oggi dobbiamo recuperare quell'impegno e quella solidarietà verso le imprese ravennati che rischiano nuove difficoltà dopo il rallentamento di commesse e autorizzazioni verificatosi negli ultimi mesi".
Confindustria Romagna, in una nota altrettanto dura, dichiara: "In Romagna ha sede il più importante distretto nazionale di oil&gas, che da decenni contribuisce allo sviluppo sostenibile delle comunità locali in sintonia con gli altri settori produttivi, a partire da quello turistico: ci sono voluti molti anni e una sentenza del Consiglio di Stato per riaffermare la legittimità delle esplorazioni in Adriatico e il loro impatto sull’economia e l’occupazione, ricordando come tutta l’attività avvenga nel totale e pieno rispetto delle norme e dell’ambiente in cui è integrata.
La sospensione di un’attività economica affermata a livello internazionale, con eccellenze ad altissimo tasso di innovazione e tecnologicamente all’avanguardia, sarebbe letale per l’economia locale e nazionale, una scelleratezza che non ci si potrebbe permettere nemmeno in tempi floridi.
Le imprese del settore e dell’indotto, le migliaia di lavoratori e le loro famiglie hanno già sofferto un blocco delle attività che ha aggravato una pesante crisi congiunturale: non ci stancheremo mai come Confindustria Romagna di ribadire i quanto i costi del non fare siano dannosi per tutta la collettività, soprattutto quando i blocchi arrivano da amministratori della cosa pubblica".
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