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Energia

ravenna 13 febbraio 2020

Estrazione gas, approvato il blocco fino a metà 2021

Ieri la commissione ha deciso lo slittamento ad agosto 2021 della moratoria e a febbraio 2021 del Pitesai

13 febbraio 2020 - ravenna - Con una nota diffusa nella notte di ieri, attraverso il coordinatore ravennate Roberto Fagnani, Italia Viva spiega di aver assistito ieri in Parlamento durante la riunione delle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio a una pagina buia per la nostra città e le sue eccellenze: il comparto offshore.

"Approvato oggi l’emendamento per lo slittamento della moratoria ad Agosto 2021 e a Febbraio 2021 del Pitesai,la mappa che il Mise deve mettere a punto per indicare dove si potrà continuare ad esplorare ed estrarre idrocarburi. In un settore in cui il tasso di impiego risulta sempre più in crisi si pongono i presupposti per mettere in discussione anche la permanenza del gruppo Eni nella nostra città e il possibile ricollocamento dei lavoratori altrove. Le ricadute sull’indotto (trasporti, aziende collegate, attività commerciali) è già sotto gli occhi di tutti e il nuovo rinvio non può che peggiorare la situazione. Ci appelliamo al Sindaco De Pascale e al neo eletto Presidente Bonaccini, perché sciolgano le ambiguità del PD su questa materia e si facciano promotori a livello nazionale di un intervento che garantisca il futuro energetico di questo paese e preservi un comparto d’eccellenza della nostra città. A parole sono tutti pro ma Lega e PD in pochi anni, in barba ad un referendum che si era espresso in senso opposto, si sono piegati alle logiche del M5S, sempre più isolato nel paese reale ma a quanto pare ancora decisivo nelle aule del palazzo".

Nel corso della giornata si erano levate numerose proteste contro la posizione dei 5stelle, anche se nessuno aveva avvisato dell'imminente riunione delle commissioni. Di seguito le dichiarazioni di Franco Nanni, presidente del Roca, e di Confindustria Romagna rilasciate prima dell'approvazione.


"Il PITESAI, il piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee - afferma Franco Nanni, presidente del Roca - potrebbe venir spostato in avanti di ulteriori sei mesi.
ROCA, l’Associazione delle Società contrattiste nell’energia, interpreta le proposte come una ulteriore volontà del Governo a fermare completamente le attività offshore che sono state una importante fonte di attività per le aziende del settore".

"Indubbiamente - aggiunge Nanni - questo fa parte della politica propagandistica di alcuni componenti del Governo che vogliono fare credere che fermando le attività offshore in Adriatico si passerà a energie da fonti alternative. Invece, non producendo il gas che abbiamo in Adriatico aumenteremo le importazioni, spendendo valuta, inquinando di più e soprattutto non facendo lavorare le imprese in Italia. A distanza di un anno dallo scellerato “art 11 ter”, il MISE non ha ancora prodotto alcun risultato alla preparazione del PITESAI.
ROCA ha offerto in più occasioni la propria collaborazione per avere un PITESAI che dia la possibilità di investimenti in Italia nel settore offshore. L’Italia avrà bisogno di gas per almeno 40 anni, come dimostrato dai piani del MISE stesso. Quindi è assurdo che voglia solo importare dell’estero.
Le aziende del settore soffrono di una pesante crisi e i lavori sono esclusivamente all’estero. Purtroppo, negli ultimi anni, sette aziende hanno cessato l’attività a Ravenna, perdendo posti di lavoro e un importante indotto per la città. Se lasceranno ulteriormente diminuire la produzione di gas, probabilmente si chiuderanno anche le centrali ENI e tutte le poche attività rimaste a Ravenna. Assistiamo a un continuo scoraggiamento a nuovi investimenti in tutti i settori.
ROCA auspica che possano riprendere a breve le attività per scongiurare la perdita di un importante settore produttivo Ravennate frutto di decennali esperienze".

Per Confindustria Romagna "allungare di altri sei mesi il blocco alle attività di prospezione e ricerca di idrocarburi sarebbe come prolungare una traversata nel deserto che ha già fiaccato le aziende più forti, con prime fatali ripercussioni sull’occupazione e sugli investimenti programmati. E’ una lenta agonia in cui alcune imprese – eccellenze mondiali con competenze e tecnologie uniche - hanno già chiuso la sede ravennate, altre stanno facendo ricorso alla cassa integrazione e studiando significativi ridimensionamenti, altre ancora sono in amministrazione controllata.
Lo ripetiamo, inascoltati, da oltre un anno in ogni iniziativa pubblica e privata – l’ultima occasione sono stati gli incontri per le elezioni regionali con ministri e sottosegretari - e abbiamo scritto al Presidente del Consiglio e ai segretari dei principali partiti di maggioranza e opposizione tre settimane fa: Confindustria Romagna torna a chiedere l’urgente abrogazione dell’art. 11-ter del D.L. 135/2019, convertito dalla Legge n. 12/2019, o quantomeno il ripristinino dell’ordinamento giuridico antecedente a queste norme, consentendo così alle aziende ravennati di riprendere a operare a supporto delle Compagnie impegnate in Adriatico nell’estrazione di gas naturale, unica fonte che può favorire la transizione energetica verso un futuro più sostenibile".

Forte ormai da anni, la preoccupazione del mondo sindacale. Guido Cacchi della Uil afferma che "è indubbia l'intenzione dei 5 stelle di lasciar morire un settore portante dell'economia ravennate. Hanno il più assoluto disinteresse per i lavoratori. E non capiscono che il gas lo estraggono i nostri dirimpettai".

E dire che durante la campagna elettorale, il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri si era impegnato a rivedere il blocco delle attività offshore per rilanciarle. Se c'è batta un colpo.






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