sicurezza e cambiamento

Porti

ravenna 21 maggio 2014

Ottolenghi: "Terminal crociere troppo caro e con poco ritorno"

Il presidente di Confindustria sottolinea che per troppi anni lo sviluppo dei traffici tradizionali è stato lasciato in secondo piano. Per i fanghi dell'escavo valgono le esperienze nazionali (Venezia e Livorno) e comunitarie (Olanda e Germania).

21 maggio 2014 - ravenna - Si è tenuto nel pomeriggio, nella sala multimediale della Banca Popolare di Ravenna, il workshop "La gestione dei fanghi di dragaggio. Elemento strategico per lo sviluppo della portualità nazionale”, nell'ambito dell'iniziativa "Ravenna 2014 - Fare in conti con l'ambiente". Grande la partecipazione di operatori portuali, tecnici e politici.
L'intervento iniziale è stato tenuto dal presidente di Confindustria Ravenna, Guido Ottolenghi, su “La logistica portuale. Elemento di competitività per la crescita economica”. A seguire i contributi di Lucia Mirti (Giurista ambientale), Giuseppe Bortone (Dir. Gen. Ambiente e Difesa del Suolo e della Costa Regione Emilia-Romagna), Galliano Di Marco (Presidente Autorità Portuale di Ravenna), David Pellegrini e Fulvio Onorati (ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca), Matteo Casadio (presidente SAPIR Ravenna). Chairman: Paolo Zoppellari.


"Il tema dell'ambiente è importante per Confindustria Ravenna, ha affermato Ottolenghi. Tutti, cittadini, istituzioni e aziende, dobbiamo incorporare nel nostro modo di agire e di pensare l’impatto delle nostre azioni sull’ambiente e soppesare il suo rapporto col nostro benessere. Perciò la nostra associazione tra poco più di un mese riunirà in assemblea tutti i suoi associati proprio per confrontarsi sul rapporto tra impresa e ambiente, insieme al Ministro Gianluca Galletti e ad altri ospiti illustri.

In tale occasione cercheremo di proporre alla comunità una riflessione che superi i luoghi comuni e le emotività legate a questo argomento. Emotività che recentemente si sono riflesse anche sul nostro territorio, proprio sulla questione del collocamento dei materiali di escavo dei fondali, progetto vitale per lo scalo e per tutta l’economia locale. Ma non mancano casi in tutta la provincia di dibattiti a mio avviso poco razionali per quanto riguarda altri aspetti connessi all’ambiente, dalle emissioni ai rifiuti.

Come ho affermato anche in altre occasioni, il porto è la prima industria e il primo datore di lavoro della provincia, ma è sempre meno competitivo per reggere i traffici navali internazionali di grande tonnellaggio. E così accade che per un intreccio di fattori vi sono molti operatori che per fare arrivare le merci a Milano già oggi usano i porti di Rotterdam o di Amburgo.

Oggi abbiamo dunque l’urgenza di approfondire i fondali per mantenere – e possibilmente accrescere – l’attrattività del nostro porto, in una corsa contro il tempo per non vedere svanire i fondi ottenuti, ma come siamo arrivati a questa situazione? Prima che si alzassero le voci dei comitati del No, che solitamente arrivano alle battute finali di un progetto, come abbiamo accumulato questo ritardo?

Credo che sia onesto dire che ci sono voluti molti anni perché l’Autorità Portuale e la città arrivassero a dare priorità a questo tema. Nel frattempo consistenti risorse, non solo economiche, ma anche di impegno organizzativo e politico, sono state impiegate altrove. Questo ci dovrebbe indurre a due riflessioni importanti.

1) Cittadini e autorità dovrebbero ricordare sempre una semplice lezione aziendale: ogni impresa deve pensare al suo futuro e trovare nuovi prodotti o nuovi servizi, ma non può trascurare le attività che danno da mangiare tutti i giorni. Così è bene che la comunità portuale abbia studiato in questi anni nuove idee per il porto, come il distretto della nautica, Marinara o lo sviluppo delle crociere, ma è stato male non prestare uguale attenzione a mantenere il porto al passo coi mercati, o anche solo a manutenere i fondali e le banchine che ogni anno ricevono e spediscono milioni di tonnellate di merci e che danno lavoro alla città tutti i giorni.

2) I cittadini dovrebbero poi chiedersi e chiedere alle istituzioni se i fondi pubblici e le energie per le nuove iniziative garantiscono, almeno in prospettiva, un ritorno concreto per il territorio. Il distretto della nautica non si è realizzato, ha assorbito molte energie e anni preziosi, ma non molti fondi. Su Marinara lascio ad altri il giudizio. Il terminal crociere è operativo, ma è costato finora 38 milioni di € e altri 22 milioni di € sono in programmazione per una stazione marittima. Costa ogni anno oltre 170.000 € di soldi pubblici e nel 2013 ha ricevuto 97.000 passeggeri contro i 2 milioni circa di Venezia o Genova.

La priorità data ai temi nuovi ha lasciato per troppi anni lo sviluppo dei traffici tradizionali in secondo piano. La risposta per ora modesta delle nuove iniziative, ed il degrado competitivo del nostro porto nelle merci tradizionali e nei container, ha risvegliato nella comunità portuale e nelle istituzioni l’attenzione all’importanza di mantenere e aumentare i fondali e negli ultimi due anni sono stati fatti molti sforzi per recuperare il tempo perduto, guidati da una rinnovata visione dell’Autorità Portuale, e sostenuti da tutti gli attori coinvolti.

Tali sforzi si scontrano però col fatto che le poche casse di colmata disponibili sono piene (principalmente degli escavi per il terminal crociere...), e che vi sono opposizioni di vario genere e incertezze autorizzative per svuotare le casse esistenti e crearne di nuove. La passione per il cavillo, il dialogo non sempre fluido tra istituzioni, la bulimia giuridica del nostro Paese hanno preparato il terreno per le opposizioni dei comitati, talvolta fatti di cittadini onestamente disorientati e preoccupati, talaltra solo da interessi di visibilità individuale o peggio di tornaconto.

Questo ci accade mentre altri porti italiani risolvono, anche in condizioni complesse come a Venezia o Livorno, il tema degli escavi e mentre giurisdizioni con una credibilità ambientale superiore alla nostra (anche verso la cittadinanza) come la olandese o la tedesca, gestiscono con molta più efficienza e meno complessità la sabbia dei dragaggi, usandola anche con minori sprechi per la collettività che alla fine paga sempre di tasca propria il conto delle norme contradditorie, dei ritardi e dei rifiuti di assumersi responsabilità". 



Di Marco ha confermato di lavorare giorno e notte al ‘progettone’ per l'escavo dei fondali e ha ripetuto che  “il porto non è inquinato”. "Piuttosto chiedo ad Arpa di darmi in fretta la classificazione del materiale analizzato all'imboccatura del porto". Riferendosi alle dichiarazioni di Ottolenghi, ha commentato: “Io due anni fa non c’ero, Marinara la stiamo sistemando e la mia opinione non favorevole alle crociere è nota”. 
Matteo Casadio, presidente della Sapir, ha confermato l'impegno dei due partner del TCR (oltre a Sapir, Contship) per la realizzazione del nuovo terminal container. "Sembra un paradosso, ma dobbiamo ringraziare la crisi che ha rallentato gli investimenti in tutto il mondo, altrimenti il nostro porto avrebbe chiuso. Confermo investimenti complessivi per 100 milioni di euro, tra le gru del TCR e il potenziamento del terminal merci varie".



nella foto, da destra: Guido Ottolenghi, Paolo Zoppellari, David Pellegrini, Galliano Di Marco


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