Porti
roma
08 agosto 2014
Slitta la riforma degli enti porto
Dopo la lite tra Savona e Genova se ne parlerà a settembre.
08 agosto 2014 - roma - Slitta la riforma delle Autorità Portuali. Il provvedimento, annunciato prima per giugno, poi per metà luglio, è stato escluso dal decreto Sblocca Italia dove compaiono soltanto poche righe, attribuite al ministro Lupi con l’auspicio che il numero delle Autorità Portuali, oggi 24, possa diminuire.
Il tentativo di un accordo, portato avanti da Debora Serracchiani, responsabile Infrastrutture del Pd, si è arenato per ora davanti alle proteste dei porti che avrebbero dovuto rinunciare alla loro ‘indipendenza’ per essere accorpati con scali con maggiori traffici.
È il caso di Savona, che sarebbe finito sotto Genova, e di Salerno, destinato ad essere governato da Napoli.
La trattativa dovrebbe riprendere a settembre, anche se sembra molto difficile trovare un punto di incontro.
I ‘campanili’ tentano di prevalere e il fatto che quasi tutti i vertici delle Autorità Portuali siano di nomina politica in quota Pd, non aiuta il partito del premier nell’adozione di provvedimenti drastici.
L’obiettivo più volte dichiarato era quello di scendere a dodici Autorità Portuali, scelte in base alle indicazioni del 2011 dell’Ue sui core ports italiani: Ancona, Bari, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Ravenna, Taranto, Trieste, Venezia, Palermo. A questi, si sono poi aggiunti Cagliari e Augusta.
Sul tavolo c’è anche la proposta di riforma interna delle Autorità Portuali presentata dal presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, e che trova d’accordo anche il presidente ravennate Di Marco: “Burlando ha proposto la trasformazione degli enti in società per azioni, detenute dalle Regioni, con il presidente che assume anche il ruolo di CEO.
Alle Autorità Portuali dovrebbero anche passare le gestioni di alcuni asset strategici (autostrade pubbliche, ad esempio) in grado di fornire gettito e autofinanziare l’attività portuale”.
© copyright Porto Ravenna News
Il tentativo di un accordo, portato avanti da Debora Serracchiani, responsabile Infrastrutture del Pd, si è arenato per ora davanti alle proteste dei porti che avrebbero dovuto rinunciare alla loro ‘indipendenza’ per essere accorpati con scali con maggiori traffici.
È il caso di Savona, che sarebbe finito sotto Genova, e di Salerno, destinato ad essere governato da Napoli.
La trattativa dovrebbe riprendere a settembre, anche se sembra molto difficile trovare un punto di incontro.
I ‘campanili’ tentano di prevalere e il fatto che quasi tutti i vertici delle Autorità Portuali siano di nomina politica in quota Pd, non aiuta il partito del premier nell’adozione di provvedimenti drastici.
L’obiettivo più volte dichiarato era quello di scendere a dodici Autorità Portuali, scelte in base alle indicazioni del 2011 dell’Ue sui core ports italiani: Ancona, Bari, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Ravenna, Taranto, Trieste, Venezia, Palermo. A questi, si sono poi aggiunti Cagliari e Augusta.
Sul tavolo c’è anche la proposta di riforma interna delle Autorità Portuali presentata dal presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, e che trova d’accordo anche il presidente ravennate Di Marco: “Burlando ha proposto la trasformazione degli enti in società per azioni, detenute dalle Regioni, con il presidente che assume anche il ruolo di CEO.
Alle Autorità Portuali dovrebbero anche passare le gestioni di alcuni asset strategici (autostrade pubbliche, ad esempio) in grado di fornire gettito e autofinanziare l’attività portuale”.
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