sicurezza e cambiamento

Porti

roma 22 gennaio 2015

Riforma della portualità, scoppia la polemica

Pagani (Pd): "Si minano i servizi tecnico nautici"

22 gennaio 2015 - roma - Scoppia la polemica sulla riforma portuale messa a punto dal Governo. "Il Governo, ed in particolare il Ministero per lo Sviluppo Economico - dichiara il deputato Alberto Pagani (Pd) - sta elaborando diverse proposte per l'adeguamento della normativa italiane a quella europea in materia di libera concorrenza. Si tratta naturalmente di provvedimenti che dovranno essere approvati dal Parlamento e che quindi al momento sono solo ipotesi, ma la bozza di decreto che circola informalmente contiene alcune proposte sulla portualità che ritengo profondamente sbagliate ed inaccettabili.

Con la lealtà ed il rispetto per il lavoro del Governo che ritengo di aver finora dimostrato mi impegnerò per modificare le proposte elaborate, perché sono convinto che se questo provvedimento venisse approvato produrrebbe un danno grave alla portualità italiana ed anche all'economia del nostro territorio.

Per l'economia di Ravenna il porto è un motore importantissimo, che genera ricchezza e lavoro per molte imprese e famiglie del nostro territori. Il fatto che, anche in questi ultimi anni, non si sia bloccato ma sia cresciuto, ha consentito alle nostre comunità di contenere gli effetti della crisi economica. Merito delle istituzioni che hanno governato bene il sistema portuale, degli operatori che hanno saputo intercettare traffici anche nella crisi, ma anche della qualità del lavoro portuale.

Il sistema non funzionerebbe così bene senza la professionalità e le capacità collaborative dei lavoratori della Compagnia Portuale, della cooperativa degli ormeggiatori, della corporazione dei piloti del porto, dell'azienda che garantisce i servizi di rimorchio.

Ora, il Disegno di Legge del MISE intende regolare attraverso quattro articoli, contenuti sotto il Capo VI – Aeroporti e Porti a pag. 19 e 20, proprio il complesso ed articolato mondo dell’imprenditoria, del lavoro portuale e dei servizi tecnico-nautici.

Ancora una volta, così come era accaduto sulla riforma delle autorità portuali, dovremo contrastare un'iniziativa governativa disarticolata ed approssimativa, quando invece sarebbe più opportuno inserire questa materia all'interno di una seria revisione della Legge 84/94.

Il Parlamento ha avviato un lavoro in questo senso ed ora credo che il Governo dovrebbe semplicemente portare a sintesi il lavoro già fatto, visto che da anni una riforma già condivisa trasversalmente da tutte le forze politiche è stata bloccata nella commissione trasporti del Senato.

Certo non si può stravolgere con un colpo di spugna uno dei pochi settori che, ancora, non è stato devastato dalla crisi economica di questi anni; perché di devastazione bisogna parlare, quando con un articolo (Durata delle Concessioni) si tira una riga sulla regolamentazione delle Imprese Portuali e sulle regole di accesso all’attività di imbarco e sbarco.

Poi, se non bastasse, l’articolo successivo (Servizi tecnico-nautici) colpisce gli altri soggetti che rappresentano una garanzia di buon funzionamento nel nostro settore marittimo portuale, mettendo in discussione la possibilità di funzionamento delle attività che, come ribadito in più occasioni e come anche rappresentato dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto oltre che da altre molte amministrazioni dello Stato, garantiscono un elevato standard di sicurezza all’interno dei porti, grazie alle proprie maestranze che sono formate costantemente proprio per gestire l’ordinaria movimentazione nei porti ma soprattutto per affrontare incidenti ed emergenze in banchine e in mare.

Si passa poi ad abrogare l’art. 17. Questo significa cancellare il lavoro e gli investimenti milionari di quasi 5.000 lavoratori nei porti italiani. Si tratta di uomini e di aziende che hanno a suo tempo siglato un accordo con lo Stato italiano volto a superare l’organizzazione delle vecchie Compagnie Portuali ma comunque utile a consentire di lavorare in sicurezza e in estrema efficienza in tutti i porti italiani per oltre trent’anni.

Questo significa che entro il 31/12/2015 quasi 5.000 lavoratori sono licenziati e, tra l’altro, nessuno si prende la responsabilità di dire esplicitamente quale sarà il nuovo ordinamento, essendo sottointeso che si tende ad una totale deregolamentazione in spregio a tutti i proclami sulla qualità, sicurezza e produttività del lavoro.

A fronte di queste velleità pseudo liberiste è quasi normale che con un altro tratto di penna si cancelli una norma a suo tempo pensata dal Legislatore per impedire che ai c.d. monopoli statali si potesse sostituire il monopolio di un singolo terminalista che, con gli appoggi giusti e l’opportuna spregiudicatezza, può da domani accaparrarsi tutte le concessioni di un porto in barba a tutte le sbandierate necessità di concorrenza.

Non può essere questa la posizione di un Governo di centrosinistra nei confronti dei settori e lavoratori che oggi, nonostante una crisi che imperversa da oltre sei anni, ancora dimostrano di essere vivi e di contribuire a far stare a galla la nostra economia, in un clima di assoluta pace sociale.

E' necessario che il Governo cancelli quanto è contenuto nella bozza del Ministero dello Sviluppo Economico ed istituisca un tavolo in cui siano coinvolti, oltre alle forze produttive, imprenditoriali e della finanza, anche i lavoratori portuali ed i servizi tecnico nautici, che rappresentano la spina dorsale dei nostri porti attraverso le loro rappresentanze di categoria e sindacali.

Certamente un confronto con gli operatori permetterà di ripensare la prospettiva di una riforma che deve servire ad accrescere la competitività dei porti italiani con un progetto organico sulla riorganizzazione del sistema di governo dei porti e senza arretrare nella sicurezza e nella qualità del lavoro e della navigazione".


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