Porti
ravenna
29 maggio 2015
Fondali, l'AP chiama in causa gli enti locali
Dopo le critiche per i ritardi nell'escavo
29 maggio 2015 - ravenna - "Le aree dove depositare il materiale dragato noi le avevamo individuate già alla fine del 2013, ma sono stati Comune, Provincia e Arpa a non consentirci le attività previste". Lo afferma una nota dell'Autorità portuale di Ravenna, già criticata da imprenditori portuali vicini a Confindustria, molto preoccupati per i ritardi nella rimozione del dosso in avamporto e per il più complessivo progetto di approfondimento dei fondali.
"A fine 2013, l’Autorità Portuale di Ravenna - si legge in una nota - ha presentato un Piano straordinario di dragaggio da realizzare indipendentemente dalle previsioni e dai tempi di approvazione del Progetto Hub. Non è stato possibile procedere nell’attivazione di detto Piano in quanto – come già evidenziato in sede di Comitato Portuale del 30/01/2015 – per i siti valutati come potenzialmente idonei (circa 10) per la collocazione di materiali provenienti dalle attività di dragaggio, la Provincia, il Comune ed Arpa hanno rappresentato rilievi di vario genere, anche in relazione al sistema dei vincoli della pianificazione territoriale, tali da non consentire le attività previste".
Insomma, dice l’Autorità portuale, gli enti locali hanno responsabilità se oggi i fondali rappresentano un ostacolo alla competitività del porto. "Segnaliamo – aggiunge l’Autorità portuale – che con questo intervento e con quello analogo del 2014, il porto di Ravenna è l’unico in Italia (e forse in Europa) che in due anni avrà potuto portare 400 mila metri cubi circa di sedimenti in mare".
Per quanto riguarda gli escavi al terminal container, l’unica possibilità "che avevamo di scavare era legata alla realizzazione di una piccola cassa di colmata in località Trattaroli 1. L’Autorità Portuale ha lavorato per oltre un anno – tra mille difficoltà burocratiche e d’intesa con Provincia, ARPA e Comune di Ravenna – per raggiungere tale obiettivo, ma la cassa non è al momento utilizzabile stante il sequestro disposto dalla Procura della Repubblica di Ravenna, di tutta l’area di proprietà Sapir".
© copyright Porto Ravenna News
"A fine 2013, l’Autorità Portuale di Ravenna - si legge in una nota - ha presentato un Piano straordinario di dragaggio da realizzare indipendentemente dalle previsioni e dai tempi di approvazione del Progetto Hub. Non è stato possibile procedere nell’attivazione di detto Piano in quanto – come già evidenziato in sede di Comitato Portuale del 30/01/2015 – per i siti valutati come potenzialmente idonei (circa 10) per la collocazione di materiali provenienti dalle attività di dragaggio, la Provincia, il Comune ed Arpa hanno rappresentato rilievi di vario genere, anche in relazione al sistema dei vincoli della pianificazione territoriale, tali da non consentire le attività previste".
Insomma, dice l’Autorità portuale, gli enti locali hanno responsabilità se oggi i fondali rappresentano un ostacolo alla competitività del porto. "Segnaliamo – aggiunge l’Autorità portuale – che con questo intervento e con quello analogo del 2014, il porto di Ravenna è l’unico in Italia (e forse in Europa) che in due anni avrà potuto portare 400 mila metri cubi circa di sedimenti in mare".
Per quanto riguarda gli escavi al terminal container, l’unica possibilità "che avevamo di scavare era legata alla realizzazione di una piccola cassa di colmata in località Trattaroli 1. L’Autorità Portuale ha lavorato per oltre un anno – tra mille difficoltà burocratiche e d’intesa con Provincia, ARPA e Comune di Ravenna – per raggiungere tale obiettivo, ma la cassa non è al momento utilizzabile stante il sequestro disposto dalla Procura della Repubblica di Ravenna, di tutta l’area di proprietà Sapir".
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